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Verso una comunicazione attiva ed efficace contro le discriminazione

Verso una comunicazione attiva ed efficace contro le discriminazione

La comunicazione è fatta di parole e solo se si mette in gioco può offrire un contributo alla questione, fondamentale, di un loro uso appropriato, quando riferite a persone e gruppi sociali posti ai margini o con esperienze di discriminazione;

Nel rispetto costante della leggibilità e efficacia comunicativa di ogni testo, ci si propone di offrire indicazioni pratiche e spunti utili, e mai definitivi, perché la lingua è qualcosa di vivente ed evolve, così come il corpo sociale, i gruppi e le persone che con essa si rappresentano e definiscono. 

Non si tratta di regole o soluzioni valide una volta per tutte, bensì di un lavoro in progress, mutuato da una approfondita indagine dell’ISFOL, con suggerimenti per rappresentare in modo appropriato le persone a rischio di discriminazione

forme di discriminazione

La Carta Europea dei Diritti dell’Uomo contiene un elenco aperto, che coincide con le direttive europee e le oltrepassa. L’articolo 14 vieta le discriminazioni «fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o quelle di altro genere, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita od ogni altra condizione». La categoria «ogni altra condizione» ha permesso alla CEDU di includere (tra gli altri) i motivi che sono espressamente protetti dalle direttive contro la discriminazione, vale a dire: la disabilità, l’età e l’orientamento sessuale

  Per linguaggio non discriminatorio si intendono quelle forme linguistiche e quel particolare lessico che non stereotipizza, non etichetta, non denigra, non cancella o omette e che riconosce e rispetta la dignità di ogni persona, a prescindere dal proprio status personale, sociale, economico e giuridico.

Le principali forme di discriminazione nel linguaggio

L’interesse versogli aspetti definitori e il linguaggio utilizzato negli ambiti istituzionale, giornalistico e della società civile per normare, affrontare, raccontare il tema dell’appartenenza etnica e religiosa, della disabilità, dell’età, del genere, dell’identità di genere e dell’orientamento sessuale nasce dal presupposto che il linguaggio esprima il nostro pensiero rispetto alla realtà sociale e allo stesso tempo sia il principale strumento di costruzione della realtà stessa e, quindi, dalla consapevolezza che un più attento utilizzo delle parole possa contribuire a ridurre stereotipi, pregiudizi e discriminazioni.

Di seguito le più comuni forme di categorizzazione del linguaggio discriminatorio – stereotipizzazione, etichettamento, invisibilità/extravisibilità – che possono creare e consolidare pregiudizi e discriminazioni

Stereotipizzazione 

Il termine stereotipo, che indicava in tipografia la riproduzione di immagini per mezzo di forme fisse (dal greco stereos = rigido e tupos = impronta), parte dal presupposto che il rapporto conoscitivo con la realtà esterna è mediato dalle immagini mentali che di quella realtà ciascuno si forma ed è fortemente condizionato dalla stampa. Tali immagini sono semplificazioni spesso grossolane e rigide della realtà, a cui ricorre la mente umana per leggere la complessità del mondo.

Da qui il passo è spesso breve per giungere allo stereotipo come distorsione della conoscenza e ostacolo all’interazione, quando si esasperano gli aspetti della generalizzazione (caratteristiche del gruppo applicate ai singoli) e della rigidità (caratteristiche coerenti, organiche e stabili). Con questa accezione lo stereotipo può essere definito come «un insieme coerente e abbastanza rigido di credenze negative che un gruppo di individui condivide rispetto a un altro gruppo di persone». Gli stereotipi negativi costituiscono il nucleo cognitivo del pregiudizio, ovvero un atteggiamento ingiustificatamente sfavorevole verso le persone che appartengono ad un determinato gruppo sociale, che è all’origine di comportamenti discriminatori.

L’attenzione alla comunicazione è quindi prioritaria per la valenza discriminatoria che può assumere il linguaggio quando nega l’individualità delle persone, isolando o esagerando alcune caratteristiche di tipo fisico, intellettivo, culturale, occupazionale, personale, sulle quali viene caratterizzato l’intero  gruppo

Etichettamento 

Etichettare è attribuire a una persona o a un gruppo un’etichetta o una definizione di sé non scelta, sia positiva che negativa. Tutte le denominazioni svolgono la funzione di etichette, contengono categorie concettuali che possono diventare stereotipi, veicolare cliché e luoghi comuni, conferire identità non scelte e, a volte, trasformarsi in affermazioni discriminatorie.

Invisibilità ed extravisibilità 

La possibilità di trasmettere informazioni scorrette e stereotipi può derivare da diversi processi medianti i quali il contenuto raggiunge – e influenza – gli individui e i gruppi: un caso su cui è opportuno porre l’attenzione è quello rappresentato, nell’ambito dei mezzi di comunicazione, dalla cosiddetta agenda setting, ovvero la scelta da parte dei media delle notizie considerate notiziabili, a cui viene dedicato maggiore spazio e su cui viene dunque concentrata l’attenzione del pubblico.

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